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Un orso a passeggio a San Briccio

Fonte: L'area.it

LAVAGNO. Quasi certo il passaggio del plantigrado: sono state trovate tracce sui terreni che dal bosco della Fratta digradano fin quasi alla strada per San Martino (VR)

L’esperto: «Non è quello del Baldo, che ora si trova in Tirolo» Coletto: «È il regalo a un ambiente che è rimasto integro»


Un orso bruno avrebbe preso casa nel bosco della Fratta, accanto alle zone coltivate a frutteto del colle di San Briccio, sopta Lavagno. È quasi sicuramente passato di lì dalle tracce lasciate, ma è ancora da dimostrare che abbia deciso di fermarsi. Sul terreno sono rimaste le sue orme, mentre sono spariti i frutti caduti dagli alberi: pesche, pere cotogne, susine, ciliegie selvatiche di cui l’orso ghiotto e affamato ha fatto piazza pulita, lasciando escrementi e impronte ben marcate sui prati e sui terreni che degradano dal bosco della Fratta fin quasi alla strada provinciale fra San Martino e Marcellise.
Gli esperti trentini, che da decenni seguono gli orsi del Parco Adamello-Brenta nel loro pellegrinare, non ne sono affatto stupiti: l’orso, anche se preferisce il fresco della montagna, può arrivare a quote collinari se le condizioni climatiche lo consentono.
«Stupisce che sia arrivato fino a San Briccio senza lasciare tracce lungo il tragitto», commenta Claudio Groff, referente per l’orso del Servizio foreste e fauna selvatica della Provincia di Trento, «ma la cosa non è impossibile perché l’orso fa parecchia strada, anche fino a 50 chilometri al giorno, e in questo periodo ha abbondanza di frutta selvatica».
Sulla provenienza non si pronuncia: «Intanto vorrei essere sicuro che si tratti di orso perché ci arrivano decine di segnalazioni al giorno. L’analisi del Dna sulle feci è utilissima per capire se sia un orso e da che popolazione provenga. Potrebbe essere originario dalla colonia presente nel Parco dell’Adamello-Brenta o arrivare dalle Alpi orientali, da Slovenia e Friuli. Quel che è certo è che non abbiamo recentemente avuto segnalazioni nel Trentino meridionale e quindi questo esemplare avrebbe fatto parecchia strada senza lasciar traccia. Sicuramente non è lo stesso orso avvistato sul Baldo perché quell’esemplare è già in Austria: ne abbiamo ricostruito il percorso attraverso la Vallarsa, l’altopiano di Asiago, il Bellunese e sappiamo che da giugno è nel Tirolo meridionale», precisa l’esperto. Potrebbe essere arrivato da Est seguendo lo stesso corridoio, come l’esemplare che in questi giorni staziona a cavallo tra Primiero e Feltre.
Il fatto che non siano stati segnalati danni a greggi, alveari o pollai lungo il percorso si spiega perché l’orso è un animale a dieta prevalentemente vegetariana: ha bisogno di proteine solo al momento del risveglio e prima del letargo, ma il passato inverno, con le abbondanti nevicate, ha provocato un gran numero di decessi per stenti e denutrizione fra cervi, camosci e caprioli, fornendo agli orsi, al risveglio, abbondanza di carcasse.
Con l’aumento della temperatura dovrebbe alzarsi di quota anche l’orso, a meno che non trovi nel bosco e in qualche anfratto un microclima ideale per ripararsi durante il giorno.
Dunque dovremmo abituarci all’idea di condividere boschi ed escursioni con questo animale, «che non costituisce un pericolo, anche se può essere potenzialmente pericoloso», precisa Claudio Groff, «ma è più lui che deve temere l’uomo e il male che può procurargli. Gli accorgimenti sono quelli di farsi notare, parlando a voce alta e tenendo gli animali al guinzaglio». L’orso è per natura timoroso e preferisce evitare incontri con l’uomo: attacca se è provocato, se ci si trova fra l’adulto e la prole o lo si disturba mentre sta mangiando. Basta allontanarsi lentamente, tenendo d’occhio i suoi movimenti: se si alza in piedi e annusa l’aria non è per aggredire ma per identificare meglio cosa gli stia intorno.
L’assessore provinciale alle politiche del settore faunistico e all’ecologia, Luca Coletto, è sorpreso ma non allarmato: «Sono scorribande abituali che sappiamo essere proprie di questo animale che finora non ha provocato danni. Eviterei di spaventare inutilmente e sono felice invece di considerare la presenza dell’orso come un regalo a un ambiente che se può ospitarlo significa che è rimasto sostanzialmente integro e selvaggio».




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