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Mauro Vanoli "SELVATICO"

Ecco A Voi Il Nostro amico SELVATICO
E' la cronaca di un viaggio in Nepal particolare, questa avventura lungo il sentiero trekking verso il Campo Base Everest a 5.540 Mt.

Racconto proposto e descritto da Mauro Vanoli
Per info: selvatiko.com
Un viaggio, meglio dirlo subito, dove non tutto è filato per il verso giusto, complice un divieto quasi assurdo e una tensione politica, siamo a Febbraio di quest' anno, che di sicuro non ha aiutato nel dialogare con i militari trovati lungo il percorso, gli stessi che, invitandomi nel fare dietro-front, hanno respinto me, la mia mountain bike caricata sulle spalle, e l' oggetto curioso che ha reso possibile questo gesto atletico, una comunissima "cadrega" ( sedia ).
Proprio così, una "cadrega", da pochi euro, pieghevole, in metallo, segata, saldata, e adattata alla bisogna a mò di portantina per la trasportare la compagna bicicletta lassù, ignaro del fatto, ( della serie, non sono partito sprovveduto, ma son stato, quello si, mal informato/consigliato, e parlo di Enti e Consolati ! ) che l' ammissione nel Parco Nazionale di Sagarmata, il nome dell' Everest in Nepali, è bandita da qualche stagione.
A pochi passi dal "successo" ho dovuto cedere, in rispetto soprattutto delle genti che, nel lodge, avevan tentato di dissuadere l' esercito, salvo poi ritrovarsi minacciati nel caso avessi optato per salire senza lasciare in custodia nel loro locale l' attrezzatura. La salita : una giacca pesante, un saccoletto per affrontare le notti di un periodo non troppo indicato per quelle altitudini, un pannello solare, macchina fotografica, video camera e poco altro. Ventiquattro chilogrammi complessivi come indicato sulla bilancia al momento di prendere il volo interno che, dalla capitale Kathmandù ai 2.800 mt di Lukla, classica base di partenza/trekking.
Una lunga scarpinata, un continuo salire e scendere di quota, comunque sempre intorno, se non oltre i 3.500 metri. Una cifra importante che, se non porta il “mal di montagna“, non regala sconti, il fiato si fa corto e i chilogrammi si sentono tutti, specie poi se, per realizzare un discreto video-report, si è costretti a percorrere tratti due o più volte, non fosse altro per recuperare telecamera e treppiede; unica soluzione possibile in un viaggio affrontato in solitaria.
La resa : della vicenda ho già detto, avrebbe avuto poco senso salire lassù senza la bicicletta, senza la "cadrega", in segno di rispetto verso chi ha supportato l’ impresa ( che aveva un fine benefico ), obbligata quindi la sofferta decisione. Così, a malincuore, la discesa a valle, resa un poco meno sofferta per via dei parecchi tratti in fuoristrada percorsi in sella, incrociando colonne di portatori e di yack, indispensabili per assicurare ai vari rifugi il necessario per ospitare visitatori nella stagione che andava a cominciare. Un ritorno in città, in una Kathmandù vittima del coprifuoco, l’ aria tesa da scontri quotidiani tra esercito e ribelli maoisti, e un rientro in Italia anticipato ( qui c'è di mezzo un problema famigliare ) che non ha mancato di destare la curiosità di vari media. Curiosità che ha per protagonista indiscussa la “cadrega”; è piaciuta la soluzione-idea e, il termine dilettale, ben conosciuto lungo tutto lo Stivale, si è meritato la giusta attenzione. Ad oggi, ciò che prevale è un senso di rivincita per il “torto subito” ; non è da escludere un ritorno entro l’ anno a tentare qualcosa di "più sorprendente", in barba all’ assurdo divieto e per proseguire nell’ opera di solidarietà intavolata con due istituti scolastici del Paese. Tempo, ma soprattutto, budget, permettendo.

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