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Parti tecniche MTB

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Parti Tecniche MTB1. Tubo orizzontale( Top tube)
2. Tubo Sella( Seat tube )
3. Tubo diagonale ( Down tube )

4. Forcella ( Fork )

5. Pipa Manubrio( Stem )
6. Comandi Cambio ( Grip )

7. Gomme ( Tire )
8. Cerchio ( Rim )

9. Raggi ( Spoke )
10. Sella ( Saddle )
11. Cannotto Sella (seat post)
12. Chiusura sella

13. Carro posteriore( Seat stay )

14. Carro posteriore ( Chain stay )

15. Pinza Freno disco posteriore( rear brake )

16. Disco posteriore
17. Pacco pignoni
18. Cambio posteriroe (Rear derailleur)

19. Catena ( Chain)
20. Pedale ( Pedal )

21. Pedivelle ( Crank arm )
22. Gurnitura ( Chainring )

23. Movimento Centrale (Bottom bracket axle)
24. Deragliatore anteriore ( Front derailleur )
25. Pinza freno disco anteriore( Front brake )
26. Disco posteriore
27. Mozzo (Hub)

28. Guaina (cable housing )

29. Leva del freno ( Brake lever )
30. Sterzo (Headset)
IL TELAIO

La forma a diamante del telaio più classico, è costituita da quattro tubi principali che si uniscono in due punti detti nodi e, da un carro posteriore formato da quattro tubazioni più sottili, unite ai forcellini di innesto della ruota posteriore. Tubo sella o piantone (seat tube): determina l'altezza del veicolo ed unisce il nodo di sella al nodo del movimento centrale. Tubo orizzontale (top tube): collega il nodo di sella al tubo di sterzo: nella MTB, non è mai realmente orizzontale, ma più o meno inclinato verso il nodo di sella (geometria sloping). Tubo obliquo o diagonale(down tube): collega il tubo di sterzo al nodo del movimento centrale. E' la tubazione più sollecitata dell'intero telaio, perciò la sua sezione è solitamente maggiore rispetto alle altre. Tubo di sterzo (steerer tube): collega il tubo orizzontale al tubo obliquo. Al suo interno passa il cannotto di sterzo e, per questo motivo, la sua inclinazione (69 - 72 gradi), determina in modo fondamentale la guidabilità del veicolo. Mentre nelle bici da corsa, il diametro di questo corto tubo è di un pollice (25,4 mm esterno), nella quasi totalità delle MTB, vengono montati tubi con un diametro da 1"1/8. Nodo di sella: è il punto di giunzione in cui convergono il tubo orizzontale, il tubo piantone ed i foderi posteriori verticali. Nodo del movimento centrale: qui convergono il tubo piantone, quello obliquo ed i foderi posteriori orizzontali. Scatola del movimento centrale: corto tubo posto vicino al nodo del movimento centrale. è perpendicolare agli altri, poichè al suo interno trova sede il movimento centrale al quale sono collegate le pedivelle. Foderi orizzontali (chainstays): coppia di tubi che collega la scatola del movimento centrale ai forcellini di innesto della ruota posteriore. Possono essere più o meno curvati, per ottenere la massima luce possibile nel punto di passaggio della ruota. Foderi verticali (seatstays): coppia di tubi che collega i forcellini al nodo di sella. Spesso per aumentare la loro rigidità, vengono collegati tra loro mediante un ponticello.
MATERIALI ACCIAIO
• La qualità dell'acciaio utilizzato:
Questo materiale, che può essere più o meno pregiato, garantisce una buona facilità di lavorazione e riparazione a basso costo, ma ha un peso considerevole. E' facilmente "intaccabile dai processi d'ossidazione" (per la gente comune... si arrugginisce!), quindi, le tubazioni di buon livello, devono essere sottoposte a trattamenti ed accuratamente verniciate. • La lavorazione delle tubazioni: I tubi con cui sono costruiti i telai, sono prodotti da alcune aziende specializzate ed in seguito, vengono assemblati dai produttori di biciclette. Le tubazioni più economiche hanno uno spessore costante, in altre, più costose, la sezione interna è variabile. In pratica, si rinforzano solo le zone maggiormente sollecitate ed a rischio di cedimento, ottenendo così un notevole risparmio di peso nella struttura definitiva e contemporaneamente, del nostro portafogli. Vengono prodotte tubazioni con doppio, triplo e quadruplo spessore. Esistono anche tubazioni con sezione maggiorata (oversize), e ovalizzata: hanno spessori molto ridotti (0,4 millimetri), che permettono la realizzazione di strutture rigide e leggere. Alcuni telai, sono assemblati anche con tubazioni coniche (in particolare per il tubo obliquo). Tutte queste variabili, non sono semplici esempi di stile, ma mirano ad alleggerire quanto più possibile il prodotto finito, senza penalizzare la rigidità e la robustezza della struttura.
• La saldatura:
--La saldobrasatura, oramai totalmente abbandonata sulle MTB, è una sorta d'incollaggio a caldo: si ottiene con la fusione del materiale d'apporto, che ha una temperatura di fusione più bassa di quella dei tubi da saldare. --La saldatura MIG (Metal Inert Gas). Utilizzata per telai economici: l'arco elettrico, scocca tra il pezzo da saldare ed il filo di materiale d'apporto che, si fonde alla superficie dei tubi formando un collare. --La saldatura TIG (Tungsten Inert Gas). Per le sue caratteristiche meccaniche elevate, è la più utilizzata per telai di medio ed alto livello. Il prodotto finito è caratterizzato da un collare di pallini a squama di pesce, che circonda il punto d'unione dei tubi. Il procedimento, avviene in atmosfera di gas inerte, per mezzo di un elettrodo al tungsteno, che permette la fusione del metallo utilizzato come legante (che complicazione!!). Viene utilizzata per tubazioni d'acciaio, alluminio e titanio.
ALLUMINIO

E' un materiale d'utilizzo piuttosto recente in ambito ciclistico e, al contrario dell'acciaio, il suo sfruttamento non è strettamente legato alla forma ed alle misure delle tubazioni, infatti, sempre più spesso questo materiale viene usato per la costruzione di telai scatolati. Le soluzioni stilistiche e tecniche, sono in questo caso molto varie. Generalmente, un telaio in alluminio, rispetto ad uno d'acciaio, è meno elastico, più rigido e leggero. La minor resistenza meccanica di questo materiale, obbliga ad usufruire di tubazioni con sezione e spessore maggiorati (ecco il motivo della maggior rigidità strutturale). La saldatura utilizzata per questo materiale è di tipo TIG, solo alcuni costruttori (i soliti esibizionisti...) optano per il giunto più incollaggio! Il regno incontrastato dell'alluminio, è quello delle biammortizzate, in cui la rigidità del telaio, permette agli elementi elastici anteriori e posteriori di lavorare al meglio; in più, la struttura è soggetta a minor sforzo meccanico.
TITANIO

Solo poche case specializzate, producono tubazioni in titanio: pregiate, leggerissime, con un'elasticità intermedia che si pone fra l'acciaio e l'alluminio. E' molto resistente ed inattaccabile dalla ruggine, tanto da non richiedere alcun tipo di verniciatura. E' un materiale costosissimo, difficile da trattare, tagliare o saldare. Se cercate il telaio della vostra vita… si può fare!
ALTRI MATERIALI

Recentemente, diversi materiali compositi, solitamente sviluppati per esigenze militari, sono stati utilizzati nella costruzione di telai ciclistici. Carbonio, Magnesio, Termoplastica... Sono molto costosi e richiedono tecnologie ed attrezzature sofisticate, nonché, una grande esperienza da parte del costruttore. Permettono di ottimizzare il dimensionamento di ciascun punto del telaio, così da ottenere strutture leggere e con un grado di rigidità appropriato. La complessità ed il costo degli stampi, limitano la scelta della taglia ed eventuali evoluzioni future. Questi materiali, vengono utilizzati per: --Telai monoscocca: costruiti senza saldature in un unico pezzo, per mezzo di uno stampo. Si possono ottenere forme sinuose ed accattivanti. --In tubazioni: il materiale è utilizzato per la costruzione di tubi, che vengono poi uniti tramite giunto più incollaggio.
LA FORCELLA La forcella, è uno degli elementi connessi al telaio che maggiormente influisce sul comportamento di una MTB. La prima grossolana distinzione, possiamo effettuarla dividendo le forcelle in due categorie principali: rigide e ammortizzate.
FORCELLA RIGIDA
Possiamo distinguere due diverse tecniche costruttive: forcelle unicrown e forcelle composite, che all'atto pratico, non evidenziano alcuna differenza! Grazie al peso contenuto, alla manutenzione inesistente ed all'alto rendimento su asfalto, le rigide risultano validissime per un utilizzo cicloturistico o fuoristrada leggero, ma sono quasi totalmente scomparse sulle mountain bike attualmente in commercio. Possiamo trovarle ancora, montate su qualche MTB "posticcia" ed economica, oppure, in una fascia elitaria ed un poco snobistica, che mira al contenimento dei pesi senza compromessi. FORCELLA AMMORTIZZATA
• Un costante contatto della ruota col suolo,
senza saltelli e sbandamenti, assicura una maggior scorrevolezza ed il mantenimento della traiettoria impostata. • Minor possibilità di "impuntamento" sia in salita che in discesa, contro gli ostacoli. Questi vengono scavalcati più agevolmente. • Una maggior sensazione di sicurezza in discesa. • Minor affaticamento degli arti superiori e delle spalle. .
COSA C'E' DENTRO?

• Forcella ad elastomeri: economiche, leggere con poca manutenzione.
• Forcelle a molla: la soluzione universale. • Forcella ad aria: leggerezza e performance alla moda. Molto spesso, questi elementi sono combinati tra loro, in modo da sfruttare le doti migliori di ciascuno.
Elastomeri
Gli elastomeri sono degli elementi elastici molto leggeri, semplici ed economici; hanno l'aspetto di piccole caramelle colorate e gommose, in realtà, sono dei cilindri di poliuretano che costano un poco di più. Si trovano con diversi gradi di durezza che, combinati tra loro, permettono una perfetta taratura della forcella secondo le nostre esigenze. Quando sono sollecitati dagli urti, gli elastomeri si comprimono come una molla (anche se con meno efficienza) ed hanno un ritorno discretamente frenato (si espandono non troppo velocemente). Il loro funzionamento è di tipo "progressivo", più aumenta il carico, più sono refrattari alla compressione. Purtroppo sono soggetti ad alcuni inconvenienti: Sono molto sensibili al freddo, s'induriscono e perdono efficacia; sotto i -5° si bloccano del tutto e, quando invecchiano vanno sostituiti poiché perdono elasticità. L'utilizzo dei soli elastomeri, è oramai relegato esclusivamente alle forcelle economiche. Molle E' la soluzione maggiormente utilizzata nella media gamma, poiché sono affidabili e richiedono una ridotta manutenzione, sono insensibili all'usura ed alle condizioni climatiche. Garantiscono un ottima compressione, ma hanno un ritorno troppo veloce e sfrenato che innesca effetti di rimbalzo; per questo motivo, sono accoppiate ad un circuito idraulico che ne controlla il ritorno esuberante e ne esalta il funzionamento. Hanno una compressione di tipo "lineare" (non varia con l'aumentare del carico), ma esistono molle a passo variabile che ribaltano questa situazione. Spesso le troviamo accoppiate ad uno o più elastomeri che conferiscono progressività alla risposta, nonché un discreto risparmio di peso. Aria Occupa la fascia alta del mercato ed attualmente è considerato il sistema più alla moda e ricercato. L'aria è un ottima molla! un pistone comprime una camera d'aria stagna e, lo stesso principio consente un ritorno controllato. La leggerezza e l'ampia possibilità di taratura (basta immettere e togliere aria aumentando così la pressione interna), sono le peculiarità salienti. Questo tipo di forcella, richiede però una buona manutenzione in quanto, gli elementi a tenuta stagna, si usurano e vanno sostituiti. L'aria è molto sensibile alla temperatura: col calore si espande rendendo la forcella più rigida. In aggiunta all'elemento elastico, alcune forcelle più sofisticate presentano un dispositivo che frena il riestendersi dell'elemento elastico, cioè il ritorno della forcella, costringendo un fluido (aria od olio) a filtrare in passaggi forzati. La cartuccia ad olio è il sistema più diffuso, ma sono presenti anche dispositivi a bagno d'olio (Marzocchi) e ammortizzatori pneumatici (RST, Race Factory). La presenza di una cartuccia idraulica comporta altri due effetti: un aumento della stiction, cioè del carico di stacco, derivato dall'attrito generato dalle tenute della cartuccia, e una variazione della compressione della forcella dipendente dalla velocità. La resistenza dell'olio nel passare attraverso la cartuccia varia infatti con la velocità di compressione per cui ad urto maggiore corrisponde resistenza maggiore e un indurimento della forcella: ciò aiuta in forcelle con curva di compressione poco progressiva ad ostacolare un facile raggiungimento del fondo corsa.
REGOLAZIONI
Tutte queste forcelle, consentono alcune regolazioni che permettono di adattarle al nostro peso ed allo stile di guida. Nella fascia più economica, abbiamo a disposizione solamente la regolazione della precarica: così possiamo decidere a quale carico far iniziare la compressione (assorbire solo gli urti provocati da un baratro, oppure anche le fastidiose vibrazioni dei sassolini). Possiamo regolare anche la morbidezza dell'affondamento, utilizzando diversi metodi secondo il tipo di forcella (si aggiunge o toglie aria… si sostituiscono molle ed elastomeri con altri di diversa durezza). Dove è presente, abbiamo la possibilità di agire sul controllo dell'idraulica, per modificare il livello dello smorzamento. Si distinguono Forcelle economiche: non vantano escursioni elevatissime, ma comunque sufficienti per la maggior parte delle situazioni. Non sono costruite con materiali pregiati e, generalmente utilizzano gli elastomeri come elemento elastico, senza sistemi di smorzamento per il ritorno. Il loro peso non è mai troppo elevato e sono parche nelle richieste di manutenzione. Forcelle medie da cross-country: molle controllate da cartuccia idraulica regolabile ed elastomeri per il fondo-corsa. Materiali di buon livello, ed escursione di circa 70 - 100 millimetri. Pesano poco più di una forcella ad elastomeri. Forcelle da cross-country agonistico: puntano al massimo contenimento dei pesi senza influire sull'affidabilità. Molle sostituite da sistemi ad aria, grande utilizzo di materiali ricercati e leggeri (ergal, titanio, carbonio…). Forcelle da free-ride: solitamente a doppia piastra, permettono escursioni di circa 100 - 130 millimetri per 2 - 2,5 chili di peso. Sistema predominante a molle ed olio. Forcelle da Downhill: gli steli di grosso diametro, conferiscono un aspetto quasi motociclistico, sono tutte a doppia piastra, robustissime e sovradimensionate. Escursione minima di 150 millimetri, sistema a molle ed olio. Forcella monobraccio"Lefty" unica nel suo genere
IL SISTEMA DI TRASMISSIONE
Ciò che permette di tradurre i nostri sovrumani sforzi, nel conseguente moto della bicicletta, è detto sistema di trasmissione. E' composto da diversi organi meccanici che, lavorando all'unisono, consentono di trasferire alla ruota posteriore la forza impressa sui pedali e di variare il rapporto di trasmissione (la distanza che si percorre con una singola pedalata). Questi componenti, partendo dalla suola delle nostre scarpe e giungendo alla ruota sono: I pedali: economici o ricercati, finiscono calpestati! La guarnitura: due pedivelle e tre corone da far girare. Il movimento centrale: L'albero motore della bicicletta. La catena: se si rompe son dolori! La cassetta pignoni: ma servono davvero tutti quanti? La ruota libera: recondita e sconosciuta... Indispensabile!
I PEDALI
Esistono sostanzialmente due categorie di pedale: a gabbietta e a sgancio rapido.
PEDALI A GABBIETTA.

Si tratta dei classici pedali che tutti conoscono e funzionano tranquillamente con tutti i tipi di scarpe. Sono composti da: Perno. E' l'organo avvitato alla pedivella e deve sostenere - quando guidiamo in piedi - tutto il peso del nostro corpo! Quindi, è solitamente costruito in acciaio o, nei modelli più sofisticati, in titanio. Corpo pedale. Ruota intorno al perno centrale e può essere in alluminio, acciaio o materie plastiche. Gabbietta. Che sia costruita in alluminio oppure in plastica, svolge comunque l'ingrato compito di sostenere i nostri piedi ed ha l'insana mania di sfasciarci gli stinchi. Può essere tutt'uno con il "corpo pedale", oppure fissata ad esso tramite viti. Esistono gabbiette per tutte le esigenze, con ampia possibilità di scelta per le dimensioni ed il tipo di superficie: più o meno artigliato. Eventualmente, questo tipo di pedale, può essere reso più efficiente mediante l'applicazione dei puntapiedi - con o senza cinghietti - che, avvolgendo la scarpa, la rendono maggiormente solidale al pedale. Si ottiene così, un oggettivo miglioramento della pedalata ed un vantaggio in termini di sicurezza. E' un parere del tutto personale e pertanto contestabile, ma, considero la soluzione "pedale a gabbietta + puntapiedi e cinghietti", l'ideale per l'escursionismo entrofuoristrada. Le prerogative salienti sono: assenza di manutenzione, insensibilità al fango ed all'usura, totale libertà nella scelta delle calzature; ampia possibilità di regolare tramite i cinghietti e secondo le necessità del momento, il serraggio del piede.
PEDALI A SGANCIO RAPIDO.

Il piede, calzante un'apposita scarpa "tecnica" munita di "tacchetta" metallica, è ancorato al pedale mediante lo "sgancio rapido", una sorta di meccanismo che permette di bloccare la suola della scarpa e di sbloccarla, semplicemente ruotando il tallone verso l'esterno (un gioco di alcuni gradi, permette una certa libertà di movimento, prima che avvenga lo sgancio). I piedi, ancorati in siffatto modo, possono imprimere forza in tutte le direzioni: mentre una gamba spinge un pedale verso il basso, l'altra può tirare nella direzione opposta, rendendo così, attive tutte le fasi della pedalata che diviene "rotonda" ed efficiente. Solitamente, il sistema d'aggancio si trova su entrambi i lati del pedale, ma esistono modelli ibridi: praticamente un pedale a gabbietta con un lato munito di sgancio rapido. L'idea sembra buona, ma quando si deve agganciare non si azzecca mai il lato giusto! Per funzionare in modo preciso e garantire la necessaria sicurezza, questi meccanismi, richiedono un'adeguata manutenzione: pulizia ed ingrassaggio degli elementi mobili, registrazione della tensione di sgancio, controllo del serraggio delle tacchette sotto le suole.
LA GUARNITURA
Con "guarnitura", s'identifica l'insieme composto dalle due pedivelle e dal gruppo delle tre corone anteriori. PEDIVELLE. Hanno una misura standard di 170 - 175 millimetri, ma possono essere sostituite con altre di lunghezza differente (da mm.160 a mm.180) in base all'altezza del ciclista. Oltre alle imprescindibili doti di robustezza, devono necessariamente risultare molto rigide, per non vanificare con flessioni ed inutili sprechi d'energia, gli sforzi delle nostre gambe. Il materiale maggiormente utilizzato è l'alluminio (poche le esoteriche realizzazioni in carbonio), forgiato o ricavato dal pieno con macchine a CNC... La pedivella sinistra, viene semplicemente fissata al movimento centrale, mentre quella destra funge anche da ancoraggio per le tre corone.
CORONE.

Il gruppo delle moltipliche, è composto da tre corone dentate di differenti misure, comunemente, per le MTB, queste possiedono 22, 32 e 42 denti (rapporto corto, medio e lungo), con possibilità di piccole varianti. In altri casi, possiamo trovare un gruppo di maggior diametro in cui le corone presentano 26, 36 e 46 denti, sempre con possibili varianti. Il gruppo più piccolo (Compact) offre un leggero risparmio in termini di peso ed una maggior luce da terra. La catena, può essere spostata secondo le esigenze da una corona all'altra, per mezzo del "deragliatore", mosso da un comando posto sul manubrio.
IL MOVIMENTO CENTRALE

Il movimento centrale, si trova all'interno del telaio, solitamente nel punto di giunzione tra il tubo obliquo ed il tubo piantone (nodo del movimento centrale). Si tratta di un perno d'acciaio o titanio che ruota su due cuscinetti a sfera e, alle cui estremità, sono collegate le pedivelle. Movimento di tipo tradizionale: il profilo del perno, è sagomato in modo da ottenere i due coni su cui ruotano le sfere; le calotte che costituiscono la parte esterna di scorrimento, sono avvitate al telaio; la calotta destra è avvitata a fondo, quella sinistra funge da registro. Movimento a cartuccia: è ormai lo standard imposto da Shimano per le MTB; utilizza cuscinetti di tipo industriale a tenuta stagna, per garantire maggior impermeabilità all'acqua ed alla polvere.
LA CATENA

Sovente, non si da molta importanza a quest'elemento, che in realtà, è uno dei più raffinati ed importanti della bicicletta. Il suo compito, è di trasmettere l'energia impressa sui pedali, sino alla ruota posteriore. Deve perciò offrire il massimo della robustezza e, nel contempo una grande precisione, per garantire al cambio posteriore ed al deragliatore anteriore una buona funzionalità nei cambi di rapporto. E' formata da una serie di maglie d'acciaio in cui, ogni singola maglia, è composta da: due piastre esterne, due piastre interne, un perno, una bussola ed un rullo. Quando si parla di dimensioni di una catena, ci si riferisce al "passo", alla larghezza ed al numero delle maglie. Molti modelli - utilizzabili con corone e pignoni compatibili - adottano particolari profili (Hiperglide, Interactive Glide), che consentono di ottimizzare i cambi di rapporto, rendendoli precisi e veloci. Le caratteristiche fondamentali della catena sono: Flessibilità: per consentire prestazioni accettabili anche quando non è perfettamente allineata. Scorrevolezza: garantita da rulli ben rifiniti, in grado di roteare liberamente. Resistenza: dipende dai materiali utilizzati e dai trattamenti subiti. LA CASSETTA PIGNONI
I "pacchi pignoni" (o cassette) sono composti
normalmente da 7, 8 o 9 ruote dentate, le quali, vengono infilate sul corpo della ruota libera. Il cambio - che permette di spostare la catena da un pignone all'altro - ed i comandi dello stesso, devono essere compatibili con il numero di pignoni che compongono il pacco. Prendendo come esempio un sistema ad otto velocità, possiamo contare nel pignone più piccolo (rapporto lungo = più velocità) 11 o 12 denti ed in quello maggiore (rapporto corto = più coppia e minor sforzo in salita) 28, 30 o 32 denti (le cassette con 9 velocità, possono spingersi sino a 34 denti!)
LA RUOTA LIBERA La "ruota libera" è integrata nel mozzo del cerchio posteriore; si tratta di un meccanismo composto da una cremagliera e dei cricchetti, che consente di trascinare il mozzo solo in uno dei due sensi di rotazione. In mancanza di codesto marchingegno, le pedivelle verrebbero trascinate dal moto stesso della ruota e, risulterebbe impossibile arrestarle con la bici in movimento. Immaginate di percorrere una discesa molto veloce, con la pedaliera che gira come un frullatore! Sul corpo esterno della "ruota libera", che è munito di apposite scanalature, viene infilato il pacco pignoni.
RAPPORTI REALI E TEORICI
La trasmissione tipica delle MTB, è composta da 3 corone e da 7, 8 o 9 pignoni, per un numero teorico di: 21, 24 o 27 rapporti. La realtà è però diversa, poiché, per un uso corretto del cambio è necessario seguire alcune regole basilari: La corona maggiore, non deve essere utilizzata con i pignoni più grandi (ultimi due). La corona inferiore, non deve essere utilizzata con i pignoni più piccoli (ultimi due) La corona intermedia, non deve essere utilizzata con i pignoni estremi (maggiore e inferiore). Questo per evitare che la catena, lavori in modo troppo trasversale, creando attriti che ne pregiudicano la durata.
CAMBIO E DERAGLIATORE
Il cambio posteriore - quello dei pignoni. Il deragliatore anteriore - quello delle corone. I comandi - di uno e dell'altro.. Cavi e guaine - I componenti utilizzati generalmente per il "primo montaggio" delle MTB presenti oggi sul mercato, provengono tutti da uno sparuto manipolo di costruttori. Troverete sicuramente cambi e deragliatori prodotti dalla giapponese Shimano o dalla concorrente statunitense Sram (Grip Shift). Via via che si sale verso il vertice della gamma cambiano i materiali, che divengono sempre più preziosi e costosi, con leghe varie e titanio in sostituzione dell' acciaio. Anche la cura costruttiva dei particolari migliora: cuscinetti sigillati a tenuta stagna, molle regolabili e anelli "O ring", dovrebbero garantire una maggior affidabilità nelle condizioni d'utilizzo estremo e, contemporaneamente, il peso complessivo si riduce di qualche grammo… Cambi, deragliatori e comandi, sono normalmente compatibili tra loro: possiamo quindi combinare sullo stesso telaio, componenti di differente gamma o marca. Nessuno ci vieta di utilizzare un cambio Shimano d'alto livello, un deragliatore di grado inferiore e, i comandi rotanti della concorrente Sram. Questo tipo d'allestimento misto è normalmente utilizzato dalle case produttrici di bici complete per ottenere il miglior compromesso qualità - prezzo (risparmiando sui componenti meno critici). L'unica limitazione riguarda i comandi Sram con tecnologia "ESP" che possono essere utilizzati esclusivamente con i cambi a loro dedicati.
IL DERAGLIATORE ANTERIORE
Lo scopo del deragliatore anteriore, è quello di depistare la catena da una corona all'altra e la sua azione è determinata dall'apposito comando posto sulla sinistra del manubrio, tramite la tensione ed il rilascio di un cavetto di trasmissione. Il deragliatore è costituito da: Forcellino o gabbia - Formata da due piastre parallele, distanziate tra loro di circa un centimetro, tra le quali scorre la catena. Sistema a snodo - Composto da due leve che collegano il corpo alla gabbia, ha il compito di spostare quest'ultima (quindi la catena), lungo l'asse orizzontale. La leva interna, possiede una molla di ritorno. La leva esterna possiede un morsetto per il fissaggio del cavo di trasmissione. Corpo - E' fissato generalmente al tubo piantone mediante una fascetta, oppure alla scatola del movimento centrale. Sulla parte superiore, sono presenti due viti di registro che regolano le battute d'arresto (esterna ed interna) dello snodo. Questo per limitare la corsa della gabbia ed evitare così che la catena cada oltre la corona maggiore (esterna) o minore (interna). Quando il cavo - collegato allo snodo tramite una vite - viene tirato dal comando posto sul manubrio, la gabbia si sposta verso l'esterno, trascinando la catena sulle corone maggiori. Il richiamo della gabbia verso l'interno avviene, invece, grazie ad una molla presente nello snodo.
IL CAMBIO POSTERIORE
Il compito del cambio, è senza dubbio più arduo e
complesso di quello del deragliatore anteriore, in quanto, deve permettere il preciso spostamento della catena su ciascuno dei pignoni presenti nel pacco (7, 8 o 9) e, contemporaneamente mantenerla in tensione. Gli elementi del cambio: Corpo superiore - Si tratta di un pezzo unico fissato al telaio tramite una vite a brugola. Corpo mediano - Unisce la parte superiore a quella inferiore ed è costituito da due biellette rettangolari e da una molla di ritorno. In questo segmento è fissato, tramite un morsetto, il cavo di trasmissione. Le due bielle permettono al corpo inferiore di eseguire i movimenti necessari a depistare la catena tra i vari pignoni. Corpo inferiore - E' formato da un perno cui è fissato il bilanciere. Quest'ultimo, grazie alla presenza di una molla, mantiene in tensione la catena. Bilanciere - Formato da una coppia di piastre, al cui interno si trovano due rotelline mobili. La rotellina superiore - "puleggia guida" - è implicata nello spostamento della catena tra i pignoni. L'altra - "puleggia di tensione" - si occupa, appunto, di mantenere in tensione la catena, che scorre tra le due pulegge. L'azione del cambio, simile a quella del deragliatore anteriore, è provocata dal comando posto sulla destra del manubrio, tramite la tensione ed il rilascio del cavo di trasmissione. Quando il cavo viene tirato, il bilanciere presente sul cambio si sposta verso l'interno, spingendo la catena sui pignoni di diametro maggiore (rapporti corti). Viceversa, nel momento in cui il cavo viene allentato, la molla di ritorno presente nel corpo del cambio, forza il bilanciere e di conseguenza la catena, verso i pignoni minori (rapporti lunghi). Contemporaneamente a queste operazioni, il bilanciere mantiene in tensione la catena, avvicinando o allontanando dai pignoni, la puleggia di tensione. Shimano XTR. Il "Top" della gamma. Shimano Deore LX. Un cambio per tutti. Sram 9.0 ESP. Esclusivamente per comandi della serie ESP.

I COMANDI
Shimano, per i propri comandi, adotta da sempre un sistema a leve modificato sostanzialmente nel tempo. La versione utilizzata attualmente è quella "Push - Pull", formata da due levette sottomanubrio per ciascun comando. Sram opta per un sistema rotante integrato in ciascuna manopola. E' un parere del tutto personale, ma avendo sperimentato entrambi i sistemi in varie situazioni, posso affermare che dal lato pratico non esistono grandi differenze. E' una questione di gusti, abitudine o simpatia! In ogni caso, sono montati sul manubrio: a sinistra troviamo il comando dedicato al deragliatore anteriore, a destra quello del cambio posteriore. I sistemi sono entrambi "indicizzati", perciò ad ogni scatto del comando, corrisponde un preciso spostamento della catena da un ingranaggio all'altro. Anche per quanto riguarda il livello di precisione, l'affidabilità e la quantità di manutenzione richiesta, siamo sugli stessi livelli. I comandi Sram, grazie alla loro intrinseca semplicità costruttiva, risultano generalmente più leggeri ed economici di quelli prodotti da Shimano. In sostanza, diverso è il sistema utilizzato, ma alla fine si tratta di tirare un cavetto di trasmissione!
I "RAPIDFIRE" SHIMANO
IL PASSATO…

I primi comandi Shimano, erano del tipo "sopramanubrio", detti anche a "torretta". Ogni comando consisteva in una singola leva imperniata su di una parte fissa. Nel 1989 s'imposero i comandi "sottomanubrio" (più comodi e meno soggetti agli urti) di tipo "Push Push", ciascuno costituito da una coppia di leve da spingere.
IL PRESENTE

La costante evoluzione, ha portato ai "Rapidfire" di tipo "Push Pull", compatibili con cassette da 7 - 8 ed attualmente 9 pignoni. Il funzionamento è indicizzato, quindi, ad ogni scatto del comando, corrisponde un relativo e preciso spostamento della catena, da un ingranaggio all'altro. Struttura del comando (destro o sinistro). Corpo - Al suo interno funziona un meccanismo a cricchetto che, azionato dalle due leve, determina la tensione ed il rilascio del cavo di trasmissione. Leva inferiore - "Spingendola" col pollice, si tira il cavo, permettendo il passaggio della catena da un ingranaggio (pignone o corona) più piccolo ad uno più grande (da uno a tre pignoni in una volta, solo per il cambio posteriore). Dopo ogni cambio di rapporto, la leva torna alla posizione originale. Leva superiore - "Tirandola" con il dito indice - medio, il cavo viene rilasciato e, grazie alla molla di ritorno presente nel cambio o nel deragliatore, si scala (di un solo rapporto) da un ingranaggio a quello immediatamente più piccolo. Dopo ogni cambio di rapporto, la leva torna alla posizione originale. ODG: (Optical Gear Display) - Si tratta di un indicatore del rapporto inserito che, nei modelli attuali è molto più vago di quanto non fosse nelle versioni precedenti. Forse perché Shimano, è interessata alla vendita del ciclocomputer "Flight Deck" (compatibile con i modelli di gamma medio-alta) che, utilizzando cavi di trasmissione dedicati, indica l'ingranaggio inserito (era proprio necessario?)! Entrambi i comandi (deragliatore e cambio), possono, secondo il modello, essere indipendenti oppure integrati alle leve dei freni. La prima soluzione, è preferibile poiché permette un posizionamento più personale, ed un'ampia scelta per quanto riguarda le leve freno. La gamma completa dei comandi Shimano dedicati alla MTB comprende: Tourney, Acera, Altus, Alivio, Deore, Deore LX, Deore XT ed XTR Deore XT - comando indipendente. Deore XT - comando integrato alla leva freno. Flight Deck. Il ciclocomputer con indicatore del rapporto inserito.

I "GRIP SHIFT" SRAM
I problemi riscontrati nei primi modelli di comandi rotanti "Grip Shift", come, la vulnerabilità all'acqua ed al fango, l'indurimento in alcune condizioni d'uso, una durata inferiore a quella dei classici manettini, sono ormai solamente un vecchio ricordo. Semplicità costruttiva, leggerezza e buona affidabilità, ma soprattutto un aspetto poco impegnativo in grado di instaurare un immediato "feeling" con il biker novello, hanno fatto dei comandi Sram, i più temibili concorrenti dei "Rapidfire" di casa Shimano. Il comando, è costituito da una manopola fissa e da una parte della stessa, girevole. Questa parte mobile, è formata da una ghiera di quattro o cinque centimetri, posta tra la manopola fissa e la leva freno. Muovendo la ghiera, alla stregua di un acceleratore motociclistico, il meccanismo in resina che si trova all'interno di essa, trascina il cavo di trasmissione. Ruotando il comando verso noi stessi, il filo viene tirato e la catena sale da un ingranaggio piccolo ad uno più grande. Attuando la rotazione contraria (verso l'avantreno), si passa da un ingranaggio grande ad uno più piccolo. I rapporti sono sempre indicizzati e, ad ogni scatto del comando, corrisponde un conseguente spostamento della catena da un ingranaggio all'altro. Una scala numerica, indica quale pignone (comando Dx) o corona (comando Sx) è inserito. I comandi rotanti, sono generalmente compatibili anche con cambi o deragliatori di casa Shimano; l'unica eccezione riguarda i modelli con sigla "ESP", che devono essere utilizzati solamente con cambi a loro espressamente dedicati. La gamma dei comandi Sram comprende i modelli: Centera, Neos, Quarz, Plasma e MRX compatibili con i prodotti Shimano. ESP 5.0, ESP 7.0, ESP 9.0 ed ESP 9.0 SL dedicati ai cambi con tecnologia ESP Sram Plasma Sram 5.0 ESP Sram 7.0 ESP Sram 9.0 ESP
CAVI E GUAINE

L'efficienza del cavo di trasmissione, è di vitale importanza per garantire un preciso e costante funzionamento al cambio, al deragliatore ed freni meccanici (sono ovviamente esclusi i freni a disco con impianto idraulico). La sua funzione è quella di trasmettere a questi organi "l'impulso" generato dai relativi comandi, senza provocare inutili attriti. E' costituito da: Cavo - formato da un intreccio di fili d'acciaio zincato o inossidabile, avente un diametro di mm. 1,1 - 1,2 per gli organi del sistema di trasmissione e, mm.1,6 per i freni. Più l'intreccio è fine, maggiore sarà la scorrevolezza all'interno della guaina. Sempre per ridurre gli attriti, in alcuni casi il cavo può essere trattato al Teflon. Ad un'estremità del cavo, è posto un terminale che si collega al comando, l'altro capo si fissa al relativo organo (cambio, deragliatore o freno) mediante un morsetto posto sullo stesso. Su questo lato del cavo, dopo il montaggio, è opportuno applicare un apposito terminale, onde evitare lo sfilacciamento dell'intreccio. Guaina - ha un diametro esterno di 4 - 5 millimetri e protegge il cavo, per tutta la lunghezza o solo in alcune parti del suo percorso. Ogni singolo cavo, scorre all'interno di uno o più segmenti di guaina, bloccati dagli appositi fermaguaina presenti in vari punti del telaio. E' composta da un filo d'acciaio avvolto a spirale e ricoperto di PVC; l'interno è rivestito di Nylon o Teflon. Normalmente, gli estremi di ciascun troncone di guaina dovrebbero essere completati con un apposito terminale di plastica o metallo. Alcuni produttori commercializzano set completi, composti da cavi e guaine, alquanto raffinati, in grado di offrire tramite apposite boccole, copriguaina, tubicini e minuterie, una completa impermeabilizzazione dell'intero percorso del cavo, garantendo così maggior pulizia, scorrevolezza e durata. Esistono anche guaine autolubrificanti che rilasciano, al loro interno, particelle di fluoro
FRENI UN PO' DI STORIA
Sembra ieri, quando la totalità delle MTB in circolazione, affidava la salute delle proprie tubazioni, all'unico impianto frenante allora disponibile: il "Cantilever"... E' vero, ad un certo punto, la storia della bicicletta da fuoristrada è stata abbagliata da una meteora: il sistema - per quei tempi rivoluzionario e promettente - "U-brake". Ma, la fugace apparizione sul mercato di questi braccetti ricurvi, non ha lasciato segni apprezzabili nella memoria dei bikers. Il Cantilever, ha così dominato la scena, per "tanti" anni. L'avvento delle forcelle e dei telai ammortizzati, ha permesso un notevole incremento delle prestazioni "offroad", così, i cari vecchi Cantilever, messi alle corde dalle nuove pretese dei bikers, hanno iniziato a mostrare i loro limiti... Oggi sono ormai caduti in disuso e, a parte qualche economicissimo fondo di magazzino, le MTB in commercio montano i più attuali e validi "V-brake"... ...Ma, secondo il parere degli esperti, il freno a disco è tutto un'altra cosa! Quindi, questi ultimi, idraulici o meccanici, sino ad ieri deputati esclusivamente alla custodia di uno sparuto numero di gengive, appartenenti a discesisti DOC, oggi, hanno iniziato una tranquilla ma costante conquista delle fasce meno elitarie... E la storia continua... Le biciclette "offroad", tentano ingenuamente, di assomigliare sempre più a delle moto, soprattutto nei costi. Noi preferiamo la bici!
POSSIAMO DISTINGUERE TRE TIPOLOGIE PRINCIPALI DI FRENI:
FRENI CLASSICI DI TIPO:
MECCANICO V-BRAKE CANTILEVER FRENI A DISCO IDRAULICI MISTI MECCANICI FRENI IDRAULICI SENZA DISCO
IL V-BRAKE -
freno a tiraggio laterale
I moderni V-brake, oggi utilizzati sulle MTB di tutte le classi e su moltissime ibride, hanno, grazie al rapporto di leva favorevole, un potere frenante nettamente superiore ai vecchi Cantilever. L'intero impianto è composto da:
COMANDI FRENO -
(anteriore e posteriore), ciascuno costituito da due parti
principali: una fissa, collegata al manubrio tramite una fascetta o, in molti casi (Shimano), integrata nel corpo dei comandi cambio-deragliatore; una mobile (leva), connessa alla parte fissa, tramite un perno che ne permette la rotazione. Parte fissa. E' dotata di un registro che consente di regolare la tensione del cavo, al fine di avvicinare o allontanare i pattini del freno, dal cerchio. Un secondo sistema di regolazione, permette di variare la distanza leva-manopola, adattandola alle differenti morfologie delle mani. Leva. E' dotata di una sede, alla quale si aggancia il terminale a barilotto del cavo di trasmissione e, può essere del tipo lungo, oppure a tre o due dita. Le leve lunghe, equipaggiano generalmente biciclette economiche, poiché, grazie al loro rapporto di leva favorevole (la forza si applica in un punto lontano dal fulcro), sono in grado di compensare l'esigua efficacia degli impianti di bassa gamma. Le leve a due o tre dita, che equipaggiano in genere i modelli di medio ed alto livello, permettono una miglior presa della manopola durante la frenata, sono più leggere e meno ingombranti. In alcuni casi, la leva può essere dotata di un registro, a due o tre posizioni, in grado di variare la progressione della frenata.
CAVO DI TRASMISSIONE -
Per questo elemento dell'impianto, vedere l'apposita
pagina, nella quale si descrive sia il cavo del freno, sia quello del cambio.
CORPO FRENO -

E' costituito da due corpi distinti, caratterizzati dalla forma quasi
rettilinea ed allungata che, durante la frenata, serrano da entrambi i lati il cerchio della ruota. I corpi del freno anteriore, sono connessi agli appositi perni presenti sulla forcella; quelli posteriori, ai perni dei foderi verticali. Poco al di sopra del punto d'infulcro (sito nella parte inferiore dei corpi), si trova un'asola, nella quale inserire lo stelo del porta pattino; quest'ultimo, si fissa al corpo, tramite una brugola, nella posizione più idonea al tipo di cerchio. Ciascun corpo, è dotato di una molla di ritorno che lo mantiene distante dal cerchio; questa è dotata di una vite che ne regola la tensione. E' nell'estremità superiore che i due corpi si differenziano: uno è dotato di un morsetto che blocca il cavo di trasmissione; l'altro, possiede uno snodo, nel quale inserire il guidacavo ricurvo, che funge anche da terminale della guaina. Il guidacavo, può essere sfilato molto velocemente dalla sua sede, permettendo così di allontanare i corpi freno dal cerchio e rendendo, rapida e semplice, l'operazione necessaria allo smontaggio della ruota. Il tratto di cavo, che unisce i due corpi, è generalmente protetto da un piccolo soffietto di gomma. I corpi dei V-brake, per loro natura, compiono un movimento semicircolare intorno al fulcro, perciò, i costruttori, adottano sui modelli di media ed alta gamma, alcuni accorgimenti (biellette oppure, arco snodato) che permettono al pattino di seguire un movimento rettilineo, mantenendolo costantemente parallelo al profilo del cerchio.
IL PATTINO -
Il pattino è l'anello terminale della catena che costituisce l'impianto
frenante; l'elemento che, spinto dal corpo, entra in diretto contatto col cerchio. La mescola di gomma con la quale è composto, può essere del tipo per terreni asciutti, oppure, più espressamente dedicata alle condizioni gravose, come la presenza di fango o l'acqua. Le caratteristiche che determinano lo specifico campo d'utilizzo della mescola, sono evidenziate dai fabbricanti, mediante differenti colorazioni di quest'ultima (ad esempio, nera per terreno asciutto, rossa per quello bagnato). Pattino e portapattino possono costituire un unico elemento indivisibile (il perno filettato del portapattino, è integrato nella mescola stessa), oppure, essere completamente indipendenti e sostituibili singolarmente. In quest'ultimo caso, il pattino è costituito da una semplice striscia di gomma, da incastrare nel portapattino. Una serie di boccole a semisfera, con rondelle e spessori, consente di posizionare molto liberamente il portapattino sul corpo freno, permettendo di scegliere l'angolazione più corretta, rispetto al cerchio. Il tutto viene bloccato tramite un'unica brugola, avvitata al perno. Come per tutti gli altri componenti di una bici, la varietà dei materiali e le raffinatezze tecniche adottate, sono i fattori che determinano le differenze di prezzo tra i vari modelli... Le leve, sono solitamente in alluminio o altra lega leggera, forgiate o con lavorazione CNC. Alcuni fabbricanti optano anche per materiali alternativi (termoplastica o compositi). Per i corpi freno, la scelta cade quasi esclusivamente sulle leghe d'alluminio, ma, con molte varianti per quanto riguarda il tipo di lavorazione e l'adozione di accorgimenti che ne migliorano la funzionalità: cuscinetti autolubrificanti, meccanismo per l'appoggio parallelo dei pattini, portapattini in titanio ecc.
IL CANTILEVER -

freno a tiraggio centrale
Solo alcuni accenni all'impianto Cantilever, in quanto, oltre ad essere caduto in disuso, presenta molte caratteristiche simili al V-brake. Si tratta di freni a "tiraggio centrale", in quanto, il cavo di trasmissione, giunge direttamente dall'alto, ad un equa distanza tra i due corpi e, il tiraggio, avviene con un movimento verticale. Negli anni, il sistema, è stato modificato, ma il concetto generale, rimane invariato: In alcuni modelli, i due corpi sono uniti fra loro, tramite un cavetto che funge da ponticello, ed è proprio alla parte centrale di quest'ultimo, che è collegato il cavo di trasmissione. In altri, notiamo invece che, il cavo di trasmissione giunge sino ad uno dei due corpi (quello dotato di morsetto) e, un corto cavetto, collega il cavo di trasmissione all'altro corpo. Le leve, non sono assolutamente compatibili con il Vbrake, poiché possiedono un rapporto di leva differente. In pratica, la quantità di cavo "tirata" non è la stessa per i due modelli. I corpi, si trovano nella stessa posizione dei V-brakes e, sfruttano il medesimo attaco al telaio; la loro forma è però differente, essendo molto più corti ed arcuati verso l'esterno. Uno di essi è dotato del morsetto che serra un capo del cavetto, l'altro, possiede l'incavo predisposto ad accogliere il terminale a barilotto del cavetto (sgancio rapido). Pattini e portapattini sono molto simili a quelli utilizzati sui più moderni V-brake, ma il perno, in questo caso non è filettato e, il sistema di fissaggio al corpo è differente.
FRENI A DISCO
Non si può parlare dei freni a disco, senza accennare alla "Downhill"; poiché, proprio per
questa disciplina sono stati inizialmente concepiti. Le discese sempre più esasperate ed un livello competitivo portato all'estremo, hanno convinto le case costruttrici, a progettare soluzioni tecniche raffinate, adatte alle nuove e sempre crescenti pretese dei bikers. Il freno a disco, con tutte le sue possibili varianti, rappresenta, per ora, l'ultima frontiera nel campo della… frenata a pedali. Sicurezza, progressività, potenza, costanza nelle prestazioni, scarsa manutenzione… Quante sono le ottime prerogative di questo, ancor poco utilizzato componente? Frenano senza dubbio meglio dei Cantilever e sono più progressivi dei V-brakes. Infondono una grande sicurezza e non hanno paura dell'acqua, la manutenzione è molto semplice e lo smontaggio della ruota risulta intuitivo e veloce… Allora, per quale motivo non freniamo tutti con un bell'impianto a disco? Perché, i mozzi delle ruote, devono essere appositamente studiati per accogliere il disco dei freni… Il supporto per le pinze non è presente su tutte le forcelle e, nemmeno in tutti i telai… Non tutti i tipi di raggiatura sono idonei (i raggi sono sottoposti ad altissimo stress)… Il peso complessivo dell'impianto completo, per quanto ultimamente, sia stato notevolmente ridotto, è ancora superiore a quello dei V-brake… Il costo complessivo per toglierci lo sfizio, è spesso superiore al contenuto di un portafoglio di classe media e, l'idea di mettere al corrente i famigliari, del nostro nuovo, recondito, fortissimo desiderio, ci avvilisce non poco… Ma perché, soprattutto, non tutti amiamo l'overdose d'adrenalina, le discese ci piacciono, ma non siamo dei maniaci e, diciamolo chiaramente, disco o non disco, se non siamo dei manici, ce la faremmo comunque sotto…
FRENI A DISCO IDRAULICI

Il principio di funzionamento di questo impianto, non si discosta molto da quello applicato alle moto e, i componenti, debitamente ridimensionati per contenere il peso totale, sono gli stessi: LEVE DI COMANDO -
L'aspetto esteriore, non è dissimile da quello dalle classiche
leve per impianti meccanici ma, il loro funzionamento è opposto; in pratica, si occupano di spingere invece che tirare… Agiscono, non su un cavo, ma tramite una piccola pompa che comprime l'olio o il liquido contenuto in un condotto idraulico; eventualmente, possono essere munite di un piccolo serbatoio d'espansione per il liquido. Troviamo sovente, due tipi di regolazione: una rivolta al recupero dell'usura delle pastiglie, l'altra, permette di avvicinare o allontanare la leva dalla manopola.
CONDOTTO IDRAULICO -
E' costituito in pratica, da un tubo molto robusto, in
grado di sopportare senza deformarsi, le alte pressioni raggiunte dal liquido, durante la frenata.
PINZA -

Il condotto idraulico, termina in una pinza, fissata:
anteriormente alla forcella e, posteriormente, al telaio. La pinza, costruita generalmente in alluminio, contiene dei pistoncini che, spinti dalla pressione del liquido, comprimono le pastiglie. Queste ultime, stringendo in una morsa il disco, compiono per attrito, la vera e propri azione frenante. La durata delle pastiglie è notevole e, nel caso, la loro sostituzione, non richiede particolare perizia meccanica. Per consentire in tutte le situazioni, un corretto contatto tra le pastiglie e la superficie del disco, quest'ultimo e la pinza, possono essere dotati di una certa libertà di traslazione laterale; o, per utilizzare un termine più tecnico, sono montati in modo "flottante". Il numero, la disposizione, il funzionamento e le dimensioni dei pistoncini, possono variare da modello a modelloi e, ogni soluzione tecnica adottata, ha una propria peculiarità: può essere il peso contenuto, la facilità di manutenzione o l'ottimo potere frenante. In alcuni casi, troviamo due pistoncini, entrambi mobili e dotati di pastiglie che, contemporaneamente serrano il disco da entrambe i lati. Una diversa soluzione, prevede un solo pistoncino in movimento dotato di pastiglia, l'altra pastiglia, situata sul lato opposto del disco, è invece fissa. E' il disco stesso (flottante) che, spinto dal primo pistoncino, si sposta verso quella fissa, sino a toccarla. Un'ulteriore alternativa è data dalla pinza flottante… Dotata di due pistoncini affiancati che, spingono un'unica pastiglia di forma allungata. Poiché in questo caso il disco è fisso, è la pinza stessa a traslare lateralmente, permettendo alla pastiglia fissa, situata sul lato opposto, di entrare in contatto con la superficie del disco…
DISCHI -
Solitamente costruiti in acciaio o alluminio, sono più piccoli e sottili di
quelli utilizzati per le moto. Devono offrire un buon contatto con le pastiglie, ed essere: resistenti all'usura, indeformabili al calore e leggeri. Proprio per quest'ultimo motivo e per disperdere il calore provocato dall'attrito, la loro superficie è generalmente cosparsa di fori.
MOZZI -

Il mozzo della ruota, nel caso dei freni a disco, è da considerarsi come
parte integrante dell'impianto stesso, poiché, deve essere specificatamente progettato per questo scopo. Innanzi tutto in esso, sono presenti gli attacchi per il disco stesso, e, in secondo luogo, deve sopportare le enormi sollecitazioni trasmesse dal disco durante la frenata. Analizziamo ora quali sono le prerogative vantate dall'impianto a disco, confrontandole con quelle appartenenti ai comuni V-brake. Le prestazioni, come già accennato, sono superiori, ma soprattutto si evidenzia la costanza delle stesse, nel tempo e nelle più svariate condizioni climatiche. Al contrario di ciò che accade ai pattini dei V-brake, le pastiglie si usurano in modo molto regolare e, il loro progressivo allontanamento dal disco, può essere recuperato in modo immediato, se non addirittura, in alcuni casi, automaticamente. La forza impressa sulla leva del freno, è trasmessa dal liquido incompressibile contenuto nel condotto idraulico, con maggior efficacia, di quanto non faccia, il cavo di trasmissione classico. In più, il primo, non presenta attriti interni ed è insensibile allo sporco. I V-brake, richiedono una manutenzione costante, soprattutto per quanto riguarda le ricorrenti e non semplicissime regolazioni, necessarie per riposizionare correttamente i pattini. Il cerchio ruota, che negli impianti classici costituisce la superficie su cui agiscono i pattini, si trova in una posizione esposta agli urti ed alla sporcizia. E' quindi soggetto a scheggiarsi, bagnarsi o imbrattarsi di fango e sabbia, provocando una maggiore usura dei pattini nonché una perdita d'efficienza. Nelle situazioni limite, l'eccessivo accumulo di fango tra i corpi dei V-brake (molto vicini al copertone) può ostacolare persino la normale rotazione della ruota. Inoltre, il normale utilizzo in fuoristrada, pregiudica sovente la centratura del cerchio stesso; questo fatto riduce ulteriormente il potere frenante e, rende problematica la corretta regolazione dei pattini. Col disco, l'operazione necessaria allo sgancio della ruota, è semplice e immediata poiché, il lo stesso, scorre tranquillamente tra le pastiglie presenti nella pinza. Non bisogna quindi, preoccuparsi di allontanare i corpi del freno, per consentire il passaggio del copertone.
FRENI A DISCO MISTI -

trasmissione meccanica, pinza idraulica In questo caso,
possiamo affermare che, la prima parte dell'impianto è identica a quella di un normale V-brake, infatti, di quest'ultimo, utilizza i medesimi comandi a leva ed il normale cavo di trasmissione. La pinza, è comunque a funzionamento idraulico.
FRENI A DISCO MECCANICI

E' del tutto assente l'idraulica. Si parte con una normale leva per V-brake che, tramite il cavo di trasmissione, aziona una pinza meccanica. In quest'ultima, è presente una camma che spinge la pastiglia verso il disco.
ALTRI FRENI IDRAULICI…

Questo sistema idraulico, non molto utilizzato, e sfrutta, al posto del disco e della
pinza, il cerchio della ruota ed una coppia di pattini; questi ultimi, sono spinti contro al cerchio, da due pistoncini. Non necessita di attacchi particolari, ed anche il cerchio o il mozzo, sono di tipo classico. Il potere frenante, è maggiore di quello ottenuto con i classici V-brake e, per quanto riguarda la manutenzione e la costanza delle prestazioni, è molto simile ad un impianto idraulico a disco. Il pattino è fissato a pressione e non esistono regolazioni, di conseguenza, la sua sostituzione è molto semplice. Il movimento dei pattini è rettilineo, quindi il contatto di questi con la superficie del cerchio, avviene in modo ottimale e senza pericoli d'interferenze col copertone.

IL GRUPPO MANUBRIO
Oltre ad essere di fondamentale importanza per la precisione di guida e l'ancoraggio del corpo, il gruppo manubrio influisce sensibilmente sulla posizione in sella del ciclista. Il biker, costantemente alla ricerca della pura prestazione senza compromessi, oppure del comfort, sceglie questi componenti in base allo stile di guida ed alle proprie caratteristiche fisico-strutturali. Nella preistoria del "ciclismo fuoristrada", ai tempi delle originarie MTB in pietra e delle tutine in pelliccia, i primi manubri adottati detti "a fionda", consistevano in un unico pezzo, composto dall'attacco e dalla piega uniti in modo indissolubile e senza alcuna possibilità di regolazione… Successivamente, nei primi anni '80, comparvero gli attacchi o "pipe" a "L" di derivazione stradale, ai quali vennero accoppiati inizialmente, manubri ricurvi, che, cedendo all'evoluzione (o alle mode?), hanno assunto una forma sempre più rettilinea... Già da diversi anni, gli attacchi AheadSet (per cannotti forcella senza filetto) hanno totalmente soppiantato i modelli classici. Contemporaneamente, le pieghe si sono specializzate, variando la propria forma in base all'utilizzo alle quali sono destinate: dritte per il cross-country, ricurve e con attacchi molto corti per l'uso "freeride" o per la "downhill". E' inutile ricordare che, la qualità dei materiali, soprattutto se pensiamo di adottare attacchi e pieghe molto leggere, deve essere di buon livello! Un cedimento strutturale di questi componenti, potrebbe portare a conseguenze sicuramente poco auspicabili! Vediamo ora quali sono le parti che costituiscono il gruppo manubrio. Pipa o attacco manubrio Serie sterzo Piega o manubrio Appendici o corna
ATTACCO MANUBRIO O "PIPA"

L'attacco o "pipa" è' l'elemento di congiunzione tra la forcella e la piega. Attualmente, esistono due modelli fondamentali d'attacco:
ATTACCO TRADIZIONALE
- per cannotti filettati - Totalmente abbandonato sulle
MTB degne di questo nome, ma ancora molto utilizzato sulle bici da strada in genere. La sua forma è simile ad una "L" rovesciata nella quale, l'estremità del lato orizzontale è dotata del morsetto che fissa il manubrio; il lato verticale (stelo o gambo), s'inserisce all'interno del cannotto della forcella, al quale viene fissato tramite un sistema di bloccaggio ad espansione. Quest'ultimo, consiste in una lunga vite con testa a brugola che attraversa completamente lo stelo e termina con un tampone (un cilindro metallico filettato con un piano inclinato). Stringendo la brugola, il tampone viene tirato verso l'alto e quindi, premuto e bloccato contro la parete interna del cannotto forcella. Con questo tipo d'attacco, è possibile regolare l'altezza del manubrio, e quindi la posizione di guida, semplicemente variando l'inserimento della pipa nel cannotto della forcella; in questo caso, per ovvi motivi di sicurezza, è necessario osservare la tacca di riferimento "Minimo inserimento" normalmente incisa sullo stelo della pipa. In auge ai tempi dei freni "Cantilever" e delle forcelle rigide, può essere dotato di vari sistemi adibiti alla funzione di ferma-guaina per il freno anteriore: un foro o una staffa ricavati sullo stelo o sul lato corto orizzontale, oppure un anello con staffetta da inserire tra la calotta e la ghiera della serie sterzo.
ATTACCO AHEADSET -

per cannotti senza filetto - Facilmente distinguibile dalla
pipa classica, a causa dell'assenza del gambo e del connesso expander, è costituito da un'unica tubazione che collega due collarini dotati di morsetto: uno consente il fissaggio del manubrio, l'altro, viene serrato al cannotto della forcella. In molti casi, il morsetto che serra il manubrio (testa), è totalmente apribile, questo sistema consente di asportare il manubrio stesso senza dover necessariamente togliere i comandi e le manopole. Divenuto ormai uno standard su tutte le MTB, è generalmente più robusto del suo predecessore pur garantendo un peso contenuto. Il materiale utilizzato è solitamente l'alluminio ed il pezzo, può essere ottenuto dal pieno tramite forgiatura o CNC, oppure, saldando a TIG i vari elementi che lo compongono. Per alcuni prodotti d'alto livello, viene utilizzato il titanio. La registrazione della serie sterzo dedicata all'attacco AheadSet, avviene per mezzo della vite posta sul tappo superiore della serie stessa. Le possibilità di regolare l'altezza dell'attacco, sono piuttosto limitate e il procedimento non è molto immediato! E' necessario, infatti, interporre degli appositi distanziali tra l'attacco stesso e la serie sterzo; in seguito, il cannotto della forcella deve essere tagliato nella giusta misura. Tre sono gli standard principali dei cannotti delle forcelle e di conseguenza degli attacchi ad essi compatibili. Ricordiamo che, inserendo un'apposita "bussola di riduzione", è comunque possibile utilizzare un attacco Aheadset, avente una misura maggiore di quella del cannotto.
MISURE ED ANGOLI -
Esistono in commercio attacchi con varie estensioni e inclinazioni,
che consentono di variare la posizione di guida, adattandola alle proprie esigenze. • A - Estensione: corrisponde alla distanza tra l'interasse del cannotto e quello del manubrio. • B - Inclinazione: e' l'angolo compreso tra l'asse della pipa e l'interasse del cannotto. Per quanto riguarda gli attacchi AheadSet, le estensioni variano generalmente da mm. 40 a mm. 145, ma, per la downhill, esistono attacchi con estensione nulla, utilizzando i quali, il manubrio non ha alcun avanzamento rispetto al cannotto della forcella.
LA SERIE STERZO
La serie sterzo, è un componente di precisione che, inserito nel
tubo di sterzo, unisce la forcella, sia al telaio, sia all'attacco manubrio, consentendone allo stesso tempo, una fluida rotazione. I materiali utilizzati sono: l'acciaio (nei modelli molto economici) l'alluminio, oppure il titanio. Le sedi di scorrimento, costruite sempre in acciaio, sono predisposte per gabbiette di sfere o rullini. Due sono le tipologie esistenti:
FILETTATE
,
per attacchi manubrio tradizionali ad expander.
Sono composte dalle seguenti parti: 1 - Controdado 2 - Rondella dentata. Favorisce il serraggio del controdado senza perdere la registrazione ottenuta agendo sulla calotta. 3 - Calotta superiore con sede di scorrimento sfere. 4 - Eventuale anello di tenuta alla polvere. 5 - Gabbietta di sfere o rullini. 6 - Cono superiore. S'inserisce a pressione nel tubo di sterzo e, insieme alla calotta superiore, costituisce una delle due sedi di scorrimento per le sfere. 7 - Calotta inferiore, inserita a pressione nel tubo di sterzo. Insieme all'anello di scorrimento inferiore, costituisce la seconda sede di scorrimento delle sfere. 8 - Gabbietta delle sfere o rullini inferiori, con eventuale anello di tenuta alla polvere. 9 - Anello di scorrimento inferiore, s'inserisce a pressione alla base del cannotto della forcella. Per la registrazione della serie di tipo classico, occorrono due chiavi apposite: con una si agisce sulla calotta superiore, sino all'eliminazione degli eventuali giochi, con l'altra si chiude il controdado, impedendo eventuali allentamenti. Le misure delle chiavi, variano nei diversi modelli.
AHEADSET,
per cannotto forcella senza filetto.
Nato nel 1991 questo componente ha introdotto un'importante innovazione: il cannotto forcella privo di filettatura. La parte inferiore al tubo di sterzo, è simile a quella delle serie tradizionali e, quella superiore, è speculare ad essa. Sono composte da: 1 - Vite di registro posta sul tappo, ancorina e cono di registro. Questo gruppo d'elementi, è direttamente interessato alla regolazione della serie sterzo. 2 - Calotta superiore con sede di scorrimento delle sfere. 3 - Gabbietta delle sfere o dei rullini. 4 - Cono di scorrimento superiore. S'inserisce a pressione nel tubo di sterzo e, insieme alla calotta superiore, costituisce una delle due sedi di scorrimento delle sfere. 5 - Calotta inferiore, inserita a pressione nel tubo di sterzo. Insieme all'anello di scorrimento inferiore, costituisce la seconda sede di scorrimento delle sfere. 6 - Gabbietta delle sfere - o dei rullini - inferiore, con eventuale anello di tenuta alla polvere. 7 - Anello di scorrimento inferiore, s'inserisce a pressione alla base del cannotto della forcella. La regolazione della serie sterzo, con questo sistema è molto semplice: dopo aver allentato l'attacco manubrio, con una comunissima chiave a brugola, si agisce sulla vite posta sul tappo della serie stessa e, ottenuta la perfetta registrazione, si blocca il tutto serrando nuovamente il morsetto dell'attacco manubrio…
MANUBRIO O "PIEGA"

E' inutile fare una netta suddivisione tra manubri dritti o ricurvi, poiché tra i due estremi esistono moltissime varianti che si differenziano per pochi gradi di piega o di elevazione. Il manubrio cosi detto "dritto", è in realtà costituito da una tubazione di lunghezza variabile (tra i 50 ed i 65 centimetri), leggermente piegata, per adattarsi all'angolo di incidenza degli arti superiori. Lo spessore della tubazione è generalmente variabile: maggiore al centro - nel punto in cui viene bloccato dall'attacco manubrio - ed inferiore elle estremità. Anche il diametro esterno varia, vincolato dagli standard delle pipe e dei comandi freno - cambio: 25, 4 millimetri al centro, 22,2 millimetri alle estremità. Per quanto riguarda i materiali utilizzati, come al solito, troviamo l'acciaio per i prodotti molto economici, una valanga di modelli in alluminio con molte variabili qualitative e, il titanio o il carbonio per gli articoli più pregiati. I manubri ricurvi e rialzati - in alcuni casi dotati di traversino di rinforzo - sono impiegati solitamente sulle bici da downhill o per il cosiddetto "freeride"; consentono una posizione di guida meno reclinata ed un miglior controllo del mezzo. Assumendo questo stile di guida, il peso si scarica in maggior misura sulla ruota posteriore, alleggerendo di conseguenza lo sterzo e facilitando il superamento degli ostacoli. A sfavore, ne consegue un minor rendimento in salita ed una posizione del biker, meno aerodinamica. APPENDICI O CORNA
Più che componenti veri e propri, possiamo considerarle come utili accessori da applicare secondo le proprie necessità. Si trovano in commercio svariati modelli con lunghezze e curvature differenti e, il materiale utilizzato, è quasi sempre l'alluminio o, in pochi casi, il carbonio. Il loro sistema di ancoraggio al manubrio, può essere di due tipi: tramite un morsetto che serra le estremità della piega, oppure, mediante un expander che s'inserisce nella tubazione stessa del manubrio. Qualcuno le trova indispensabili, altri inutili, altri ancora un impiccio… Consentono di variare l'impugnatura e la posizione di guida, quindi sono comode nelle lunghe percorrenze. Migliorano l'aerodinamica. Consentono una distribuzione dei pesi favorevole nelle forti pendenze, con conseguente incremento della trazione in salita.

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